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L'Intervista - Mario Carlo Ferrario

foto Mario Carlo Ferrario
  • In che contesto nasce e si dispiega l’attività della Fondazione e il ruolo del Premio Giorgio Ambrosoli?

Come tutti sappiamo, a partire dagli anni Novanta – in buona sostanza dalla fine della Guerra Fredda e dall’avvio della espansione globale dei mercati finanziari – i contesti nazionali e internazionali hanno conosciuto una crescente attenzione, prima non esistente, ai temi dell’etica nei mercati e del contrasto alla corruzione e ai gruppi criminali che sempre più sfruttano le attività illecite per infiltrare l’economia legale attraverso il riciclaggio. Inoltre, l’affermarsi delle tecnologie digitali ha fornito un potente strumento ai gruppi criminali. I fenomeni di criminalità economica, in particolare quella organizzata, hanno progressivamente conosciuto da allora un serio incremento di natura sia quantitativo che qualitativo.

Nel 1990 viene varato il Programma ONU contro le droghe che poi confluirà nel 1999 nella istituzione della UNODC, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto al crimine con sede a Vienna, da cui sono discesi i due principali Trattati internazionali oggi vigenti: la Convenzione UNTOC di Palermo del 2000 sul crimine organizzato e la Convenzione UNCAC di Merida del 2003 sulla corruzione. Nel 1994 vede la luce il GRECO, il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione, e nello stesso anno il Gruppo anticorruzione dell’OCSE. Infine, Interpol ed Europol si attrezzano sempre più su queste tematiche. Tutti questi organismi sono oggi compiutamente attivi e configurano la cornice della collaborazione internazionale. Più di recente, il tema della Rule of Law - anche in correlazione al SDG16 - è divenuto un pilastro del dibattito internazionale e delle politiche dell’Unione Europea.

Al contempo, in Italia ha luogo dalla metà degli Ottanta un ciclo - probabilmente unico al mondo - in cui a un rafforzamento legislativo e organizzativo specifico e mirato delle istituzioni pubbliche e delle forze dell’ordine da una parte (dal cosiddetto Maxiprocesso di Palermo attraverso, fra molto altro, la costituzione della DNA Direzione Nazionale Antimafia nel 1992, l’istituzione della UIF Unità di Informazione Finanziaria nel 2007 e dell’ANAC l’Autorità Anticorruzione nel 2009) ha corrisposto un peculiare e distintivo ruolo della società civile e dei corpi intermedi nell’attivarsi per la prevenzione e il contrasto al malaffare: associazionismo civico, imprese e loro rappresentanze, ordini professionali, Camere di commercio, Università, scuole, comitati territoriali, media e giornalisti d’inchiesta, studiosi, registi, artisti, osservatori indipendenti. Dal 1982 a oggi matura così in Italia un “corpus” di esperienze e di “presidi” diffusi, sia territorialmente che funzionalmente, con un ruolo attivo dei corpi intermedi in cui compiutamente si inserisce l’iniziativa della Fondazione nel 2011. Essa appunto si prefigge di valorizzare gli esempi distintivi diffusi di condotte virtuose, sia di public officers, sia di esponenti della società civile, ispirandosi alla straordinaria esperienza professionale e umana - quale membro delle professioni liberali nell’esercizio di una funzione pubblica - di Giorgio Ambrosoli fra 1964 e 1979 nelle vesti di Commissario liquidatore di due gruppi finanziari in dissesto, la SFI e la Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Ed è coerente con questa missione che, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il Premio sia supportato sia dalla prima edizione da Confcommercio.

  • Quali sono gli obiettivi che la Fondazione si prefigge a livello europeo?

La Fondazione, sia a livello italiano che europeo, si prefigge in primo luogo di identificare e valorizzare gli esempi e le pratiche virtuose da parte di persone, e gruppi di persone, che si siano distinti per un ruolo attivo e professionale di tutela dello stato di diritto in contesti di minacce, intimidazioni o pressioni improprie. Questo sia attraverso l’assegnazione dei riconoscimenti, sia attraverso la loro messa in rete e valorizzazione nel dibattito pubblico e nelle interlocuzioni istituzionali. Questo concorre a creare la consapevolezza che lo stato di diritto è un processo sociale ampio a cui tutti siamo tenuti a concorrere, e che le stesse istituzioni pubbliche, incluse quelle europee, sono chiamate a favorire con partenariati e logiche partecipative.

In ultima analisi, la Fondazione si prefigge – in rete e in sinergia con attori pubblici e privati italiani e internazionali selezionati e qualificati, con particolare riferimento ai corpi intermedi e al mondo della finanza e delle imprese – di tutelare e rafforzare sia le infrastrutture istituzionali della vita civile, sia il corretto funzionamento dei mercati per prevenirne la distorsione e per assicurarne il compiuto dispiego della loro funzione sociale.

Un elemento che rafforza la vocazione europea della Fondazione sono le parole dello stesso Giorgio Ambrosoli nella famosa lettera alla moglie Annalori nel 1975, quattro anni prima della prima elezione del Parlamento Europeo: “[I ragazzi] abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa”.

  • Quali sono stati gli esiti delle recenti iniziative svoltesi a Bruxelles, Vienna e New York?

Le iniziative internazionali della Fondazione hanno luogo sia in stretto raccordo con il Ministero degli Affari Esteri italiano, nella cornice di un percorso di public and cultural diplomacy, sia con le principali organizzazioni multilaterali, in particolare le Nazioni Unite, in modo che la good practice del Premio possa essere di ispirazione e stimolo sia per iniziative analoghe negli Stati in ottica bilaterale, sia nel quadro dei principali Fora internazionali (incluso il G20 e il G7) che producono soft law, linee di indirizzo, orientamenti di cultura giuridica e organizzativa.

In particolare a Bruxelles si sono iniziate a porre le premesse per far conoscere ad ampio raggio la logica e le peculiarità del percorso del Premio presso le istituzioni europee (sia in Parlamento che in Commissione e in Comitato delle Regioni), con incontri preliminari, anche in vista di collaborazioni con le reti di agenzie di DG Home e DG Justice. Al tempo stesso si è impostato un dialogo bilaterale con il Belgio su questi temi grazie all’incontro presso l’Istituto Italiano di Cultura. A Vienna - in occasione della dodicesima Conferenza della Convenzione di Palermo alle Nazioni Unite - si è operato per progredire sui filoni di attività focalizzati sulla civil society e sulla rule of law, anche a valle del Civil Society Forum dello scorso dicembre 2023 ad Atlanta in coincidenza con la decima Conferenza UNCAC. Infine, a New York si è compiuto un primo passo - grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura e con il Consolato Generale di New York - per un dialogo con la comunità finanziaria statunitense e con gli Stati Uniti su temi su cui vi è molta attenzione oltre oceano. E si sono consolidate le interlocuzioni con le Nazioni Unite, in particolare sui temi dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 16, che promuove istituzioni solide per la giustizia e la pace.

  • La legislatura europea appena avviatasi si prospetta certamente una delle più cruciali nella storia del processo di integrazione e unificazione europea avviatosi con i Trattati di Roma del 1957. Quali sono le prospettive sui temi della Fondazione?

I filoni su cui, nel quadro di partenariati e alleanze in via di definizione, si sta lavorando sono due. Da una parte quello del ruolo dei corpi intermedi nelle politiche e attività di prevenzione in modo da favorirne una funzione complementare sostanziale a quella delle law enforcement agencies; dall’altro quello del cosiddetto citizen empowerment, nell’ottica più ampia di concorrere a rafforzare la capacità dei cittadini (imprenditori, professionisti, attori sociali in genere) di esercitare la cittadinanza proattivamente nell’ambito del contrasto ai reati economici. Tutto ciò anche al fine di contribuire all’attuazione delle raccomandazioni del Rule Of Law Report della Commissione Europea. E più nello specifico anche per concorrere a declinare in termini il più possibile pratici e applicabili, non astratti, modalità di reporting dei reati (il cosiddetto whistleblowing), fornendo elementi derivati dalle esperienze degli oltre ottanta premiati dal 2011 e dagli esiti degli studi condotti dall’Osservatorio del Premio, con riferimento alla Direttiva Europea sul Whistleblowing del 2019. Si auspica su tutti questi temi, cruciali per il presente e per il futuro, un confronto tecnico e costruttivo, a partire da sensibilità e visioni differenziate, fra le diverse famiglie politiche europee.

Mario Carlo Ferrario

Presidente della Fondazione Premio Giorgio Ambrosoli 

relazioniesterne@premiogiorgioambrosoli.it

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