L'Intervista - Salvatore D'Acunto
- L'attuazione del Mercato Interno è una priorità dichiarata della legislatura in avvio. Come Stati membri e istituzioni europee possono colmare il gap oggi evidente in diversi settori?
L’idea di uno spazio senza frontiere interne è l’architrave dell’integrazione europea. Non è ipotizzabile un’Unione senza un Mercato interno. Purtroppo, per quanto praticamente tutti concordino su questo presupposto sul piano generale, non sempre alle dichiarazioni seguono comportamenti coerenti in ambiti specifici. È questo il gap da colmare, in una visione ormai non più solo di lungo termine ma immediata: la mancanza di competitività su scala globale dell’Europa richiede correttivi immediati, non più rinviabili, come indicato chiaramente dalla nuova Commissione. Mantenere o introdurre misure protezionistiche, non necessariamente per tutto un apparato nazionale ma per alcuni operatori o imprese in particolare, nuoce gravemente al progetto e scoraggia gli investimenti, anche a livello nazionale, risultando controproducente. Preservare posizioni di forza o rendite acquisite nei decenni trascorsi soffoca, infatti, sul nascere ogni spirito di concorrenza e quindi la competitività delle nostre imprese nonché i vantaggi per i nostri consumatori e, alla fin fine, la percezione stessa della effettività delle regole di libera circolazione nella realtà quotidiana e, quindi, l’ideale stesso del Mercato unico. Prevenire e abbattere non genericamente ma concretamente, caso per caso, gli ostacoli alla libera circolazione delle merci e dei servizi nonché assicurare il rispetto in materia di appalti pubblici e ritardi di pagamento è una sfida cruciale. Oggi, non domani…
- Libera circolazione delle merci. Un primo capitolo da affrontare. A che punto siamo?
Si dice sempre che le merci circolino meglio dei servizi. È vero ma sussistono tuttora ostacoli seri che sono sistematicamente indicati dagli operatori come estremamente nocivi allo svolgimento di attività sul piano frontaliero. Mi riferisco in primis alle regole nazionali in materia di etichettatura che sembrano conoscere purtroppo un periodo di florida esuberanza: ebbene il fiorire di requisiti unilaterali da parte degli Stati membri inficia gravemente il flusso di merci da un Paese all’altro ed ostacola la crescita delle aziende, soprattutto le PMI. Nelle more dell’applicazione del nuovo regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi va scongiurata la ricerca di soluzioni individuali a livello nazionale o addirittura regionale. In più, piuttosto singolarmente, siamo ancora alle prese talora con ostacoli alla esportazione, oltre che all’import, di merci (ad esempio in materia di materiali da costruzione, farmaci o prodotti energetici). Per fortuna ci possiamo avvalere della direttiva trasparenza sulla notifica preventiva di specifiche e norme tecniche, la direttiva 2015/1535, uno strumento a disposizione non solo della Commissione ma anche degli Stati membri e degli stessi operatori economici per segnalare e quindi bloccare potenziali ostacoli prima che una normativa nazionale venga adottata. Riceviamo quasi mille notifiche nazionali all’anno e questo strumento si rivela estremamente efficace per scongiurare, ex ante, una serie cospicua di barriere. Ultimamente, per esempio, in ambito di produzione di energia rinnovabile.
- Si è parlato molto in questi mesi, in Italia ma non solo, della corretta applicazione della direttiva servizi. Quale il quadro offerto oggi dagli Stati membri?
E dall’inizio del millennio che si parla dell’integrazione del mercato interno dei servizi come della vera sfida da raccogliere. La direttiva servizi, la famosa “Bolkestein”, ha segnato una svolta decisiva. La necessità di dare piena e corretta attuazione negli ordinamenti nazionali a questo strumento, così come alle direttive sul riconoscimento delle qualifiche professionali o del test di proporzionalità, o semplicemente alle regole del Trattato, è di primaria importanza per liberare il pieno potenziale dell’economia europea che dipende per più dei 2/3 dai servizi. Che ci sia ancora molto da fare lo dimostrano gli spessi strati di ostacoli con cui sono alle prese svariati settori economici, per esempio dal turismo alla grande distribuzione, dalla costruzione all’energia e alle attività professionali. Il problema, in realtà, è, prima ancora che legislativo o amministrativo, anzitutto culturale: occorre una svolta di approccio di sistema e accettare che certe posizioni di privilegio o un controllo amministrativo eccessivo non hanno più giustificazione al giorno d’oggi. Qualsiasi operatore, non soltanto straniero ma anche nazionale, dotato di idee e di progetti innovativi, deve poter sapere che può competere con agilità per avviare ed esercitare una determinata attività, che non sia appannaggio di certi operatori solo perché così finora è sempre stato. Deve passare un messaggio chiaro: non si tratta dell’imposizione di regole astratte, ma di maggiori opportunità di lavoro per tutti e di vantaggi concreti per i consumatori, in termini di scelta di servizi e prezzi più competitivi.
- La mancata apertura del mercato degli appalti pubblici UE continua a rappresentare un ostacolo all'operatività delle imprese in Europa. Quali gli elementi critici e le infrazioni rilevate?
Il settore delle commesse pubbliche resta una fonte di grattacapi in termini di conformità al diritto europeo. A prescindere dal fatto, pur clamoroso, che alcuni Stati ancora non hanno dato piena attuazione al pacchetto di direttive del 2014, dopo più di 10 anni, siamo ancora troppo spesso, di nuovo, alle prese con casi di attività economiche unilateralmente sottratte dagli Stati membri all’ambito di applicazione delle direttive o a casi di attribuzione diretta, anche per via legislativa, di determinate attività a operatori scelti ad hoc o ancora a fattispecie di concessioni, peraltro di valore particolarmente ragguardevole, ad esempio in materia di infrastrutture di trasporti o energia ma non solo, rinnovate anche per lunghi periodi ad personam senza evidenza pubblica, a vincoli in materia di subappalto che penalizzano le PMI o di partenariato pubblico-privato non sempre di una chiarezza cristallina.
Per concludere…
Un paio di riflessioni. Anzitutto va ricordato che l’Enforcement è non solo una questione di Unione ma anche di Stati: è cioè una responsabilità condivisa e congiunta, da un lato, della Commissione, che però alla fin fine dispone solo di un numero limitato di funzionari (per quanto molto volenterosi), che devono e possono quindi solo concentrarsi sulle questioni strutturali, e, dall’altro, delle autorità amministrative e giurisdizionali nazionali, chiamate invece ad assicurare il rispetto delle regole comuni nelle fattispecie individuali. Si prenda proprio il caso degli appalti: la Commissione deve concentrarsi sulle violazioni legislative, sistemiche e sistematiche. Incombe invece alle autorità degli Stati membri trattare in prima istanza dei ricorsi individuali.
E poi c’è una richiesta univoca, diffusa e pressante di una politica di Enforcement ancora più stringente, agile ed efficace ad opera della Commissione. La sollecitazione viene da ogni parte: dai due rapporti Letta e Draghi, dal Parlamento europeo, dalla Corte dei Conti, perfino dal Consiglio europeo e soprattutto dagli operatori economici, a più voci.
Garantire la corretta applicazione delle norme vigenti non è certo meno importante che cimentarsi nella preparazione di nuove regole. Non solo, quando occorra, attraverso procedure d’infrazione ma pure tramite meccanismi preventivi (quale la direttiva notifica succitata) o collaborativi, come SMET, la Single Market Enforcement Task Force, un meccanismo recente di peer-review multilaterale, che ha già prodotto effetti tangibili di rimozione volontaria di molteplici ostacoli nazionali in tema di professioni, agroalimentare, permessi su energie rinnovabili e distacco dei lavoratori.
Perché l’ordinamento europeo sia solido e al servizio di imprese e cittadini deve essere anche credibile nel garantire il rispetto della legislazione UE vigente per tutti i soggetti, senza distinzioni. Si tratta di un presupposto ineludibile per vincere la sfida globale di competitività cui l’Europa è chiamata a rispondere con estrema risolutezza e sollecitudine, tutelando il nostro Mercato interno come patrimonio comune prezioso non solo in termini di regole e valore economico ma anche, e forse soprattutto, di valori di civiltà, di certezza del diritto e di pari opportunità.
salvatore.dacunto@ec.europa.eu
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