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Banconote con martelletto su sfondo UE

Recentemente la Corte dei Conti Europea ha pubblicato due relazioni speciali contenenti l’analisi dei progressi del dispositivo di ripresa e resilienza (RRF) e il contributo apportato dallo stesso alla transizione verde.

Nel primo report la Corte ha osservato dei ritardi nel recepimento dei fondi da parte degli Stati Membri che, uniti alla mancanza di una previsione che consenta di recuperare i finanziamenti nel caso in cui le misure non fossero completate, rappresentano un serio rischio per il conseguimento degli obiettivi del RRF. Fra i motivi dei ritardi troviamo circostanze esterne come l’inflazione, la sottovalutazione del tempo necessario per attuare le misure, le incertezze relative a specifiche norme come, in particolare, il principio del “non arrecare un danno significativo”.

Il documento ha anche evidenziato come lo strumento sia concepito in modo che gli esborsi non riflettano la quantità dei traguardi raggiunti, con il rischio che venga erogata una quota significativa di fondi senza che gli Stati abbiano completato i corrispondenti obiettivi. Emblematico, a tal proposito, il caso dell’Italia, che dovrà portare a termine entro il 2026 più del 40% delle misure, mentre i fondi ancora da ricevere superano di poco il 10% del totale.

Di non semplice decifrazione anche i risultati relativi alla transizione verde. Secondo la Corte, infatti, le modalità di monitoraggio della spesa previste dal dispositivo comporterebbero un elevato livello di approssimazione con potenziali sovrastime. La relazione, inoltre, ha sottolineato diverse carenze del RRF tra cui discrepanze fra pianificazione e pratica, il mancato legame fra i contributi del RRF e gli obiettivi climatici dell’UE, nonché fra la rendicontazione della spesa per il clima e gli effettivi costi e risultati.

stefano.dessi@unioncamere-europa.eu

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