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EDITORIALE - Da chi dipende il futuro dell’UE

foto editoriale Unione europea

La recente elezione di Donald Trump a prossimo Presidente degli Stati Uniti ha sollevato incognite in tutti gli ambienti politici europei.

Su temi economici quali, solo per citarne alcuni, la transizione verde e la sostenibilità, l’impegno multilaterale in diversi settori a cominciare dalla sanità, gli scambi e le cooperazioni commerciali con l’Europa (auto, aeronautica), il cambio di direzione sarà evidente. Uno shock per l’UE, ma con potenziali effetti rivitalizzanti su dossier molto sensibili. Dal debito comune su sicurezza e difesa (alcuni Paesi frugali hanno espresso a suo tempo tacito accordo); a una politica industriale e fiscale che vengano incontro alle preoccupazioni espresse con il rapporto Draghi; a una profonda riforma del bilancio UE, dedicato oggi per due terzi a PAC e fondi di coesione; fino a un rilancio dei rapporti UE-Regno Unito. Un percorso con, sullo sfondo, lo spettro dell’impegno della nuova presidenza americana verso un rafforzamento dei rapporti bilaterali con i singoli Stati membri; una minaccia alla stabilità politica dell’Unione.

A fronte di questo scenario, rimangono cauti i segnali che arrivano dalle istituzioni europee in fase di rinnovo. Il mancato, almeno per il momento, accordo dei gruppi politici, dopo le audizioni al Parlamento Europeo dei nuovi Commissari, prefigura rapporti tutt’altro che sereni tra le istituzioni per i prossimi cinque anni di legislatura.

La scorsa settimana il Consiglio europeo informale di Budapest si è invece ritrovato a valle delle elezioni americane. Anche in questo caso lo scambio di vedute con Mario Draghi non ha aiutato a prendere decisioni coraggiose su temi quali il futuro delle risorse UE per il sostegno della competitività. Qualche apertura in più era arrivata qualche giorno prima dalla dichiarazione finale dell’Eurogruppo, che aveva riportato all’attenzione la necessità di un maggiore impegno di fondi pubblici accanto agli investimenti privati, il cui rafforzamento dovrà comunque rimanere la priorità a breve/medio termine.

L’impressione continua ad essere che l’attuale fase di transizione istituzionale abbia ancora di più portato alla luce le diverse visioni dei 27 sulla strada da percorrere. In un momento in cui le due storiche locomotive europee di Francia e Germania attraversano una profonda crisi politica, il ruolo dei grandi Paesi come l’Italia, la Spagna e la Polonia diventa fondamentale. Se il “sogno americano” si è dato con Trump una seconda possibilità, l’unica soluzione per mantenere aperto il “sogno europeo” è di costruire un percorso in piena unità di intenti tra gli Stati membri. Il futuro dell’UE dipende dall’UE.

 

On. Michl Ebner

Vicepresidente di Eurochambres

Capo Delegazione Unioncamere presso Eurochambres

Presidente della CCIAA di Bolzano

Aggiornato il