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Politica di coesione europea: croce o delizia? 

A distanza di tre anni dal precedente (vedi ME N°3, 2022), la Commissione ha pubblicato a fine marzo il nono rapporto sulla coesione. La relazione illustra i risultati significativi dello strumento in termini di promozione di una maggiore convergenza economica e sociale nell'Unione e le – non poche – sfide ancora da affrontare, in particolare a livello regionale. Tra esse: le disparità subnazionali tra le grandi aree metropolitane e le altre regioni, le regioni in ritardo di sviluppo e quelle che si trovano nella cd. trappola dello sviluppo. Necessaria, quindi, la declinazione di una coesione più solida e più moderna, per rafforzare il modello di crescita dell'Europa e per costruire un'Unione effettivamente inclusiva e capace di parlare con i territori. A tal fine, la Commissione suggerisce di affrontare le dinamiche economiche emergenti e i nuovi squilibri, di adattare il sostegno alle esigenze regionali, di perseguire la semplificazione, di rafforzare l'orientamento ai risultati e di stabilire collegamenti con l’attuazione delle riforme nazionali, nonché di prevedere un margine di manovra per rispondere agli eventi imprevisti. Non mancano i dati soddisfacenti: ad esempio, il PIL medio pro capite dei membri più recenti dell'UE,  passato dal 52 % a quasi l'80% della media UE, mentre il tasso di disoccupazione è sceso da una media del 13% al 4%. Come non mancano le previsioni confortanti, se è vero che, entro il 2043, gli investimenti nella politica di coesione dovrebbe essere triplicati, equivalendo ad un tasso di rendimento annuo pari al 4% circa, mentre entro il 2027 saranno creati 1,3 milioni di posti di lavoro in più. Grande attesa, infine, per l’azione della prossima Commissione: scelte chiare s’imporranno, a cominciare dal problema della sovrapposizione fra la distribuzione delle risorse del Recovery Resilience Fund e dei fondi di coesione...  

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